La sfida va presa sul serio e rappresenta sempre una
chiamata antagonistica verso una contrapposizione, una battaglia o un
combattimento; ma le sfide odierne sono composte sia da una componente di
dis.fida1, che una mancanza di fiducia: un insieme di punti di rottura (points
break) che creano un conflitto, che chiedono, per essere risolti, appunto di
essere “sfidati”, chiariti e definiti. C’è un’immagine che rende effettiva
l’idea dello scenario in cui siamo: quella dell’essere sull’orlo, inteso come
bordo, margine, estremità, sponda, riva.
Siamo sull’orlo2: in quel limite di sopportazione sistemico
al di là del quale appare l’abisso estropico, dove ogni distopia potrebbe
accadere. Come è stato possibile? L’analisi semantica della sfida può aiutare,
ma le vecchie categorie, i vecchi approcci e linguaggi sono datati e incapaci, soprattutto
non riescono più a leggere la realtà, a contenere e comprendere la situazione
attuale. Innanzitutto, ormai la sfida appare globale e “totale”, in un unico
spazio continuo che coinvolge l’intera umanità in un incrocio di destini di
popoli e nazioni interconnesse in un inarrestabile travaglio centripeto. Da questo
punto di vista il progresso tecno.scientifico si presenta talmente veloce e
repentino che ha “futurizzato” il “presente.mondo”. Non c’è dubbio che siamo
nel mondo di oggi, come nessuna generazione precedente è stata.
Sappiamo tutto di tutti e abbiamo accesso alla conoscenza
(open access) come alle relazioni, come agli spostamenti in maniera facile e
immediata. Abbiamo “faberizzato” tutto ciò che l’homo faber attivo e
produttivo, poteva costruire ad avere a disposizione, anche illudendosi o
falsificando i suoi bisogni: abbiamo l’attesa e la promessa smarrita di poter
fare tutto ciò che vogliamo, di essere chi vogliamo, quando vogliamo, come
vogliamo. Un tale errore è mistificazione o un’autocompensazione?
Un tale inganno globale della bio.tecnica incorre
inevitabilmente in alcune aporie e contraddizioni. Innanzitutto questo scenario
interconnesso e mondialista, rimanda inevitabilmente alla domanda filosofica
fondamentale (nel senso di fondativa) sull’uomo sul suo esserci “stagliato” nel
mondo, al di là di dove si nasce o da chi si nasce. Emerge un uomo
“nudificato”: l’uomo appare anche in questo crocevia storico “nudo”, di fronte
alla sua condizione e al dovere di dare un senso al suo vivere. Non si può
tornare indietro o guardare indietro per trovare risposte. Appare necessario un
futurismo ontologico, “nuovo e innovativo”, fuzzy and wild, che crei in modo
originale una filosofia dell’umano/post.umano, a partire dalla sua condizione
di in.finitudine mortale. Di fronte a questa sfida ontologica, che riguarda
l’essere stesso del suo stare.al.mondo, del senso del suo essere gettato e
sradicato nel mondo e dal mondo, inizia la fioritura (flourisching) del seme di
un “nuovo grande destino metafisico”3.
Ora di fronte a questa “sfida totale” e immensa, per certi
versi decisiva e finale (perciò sfidante ed edificante), si uniscono la
dimensione catafatica dell’essere con quella apofatica del mistero, l’uomo si
ritrova sotto un definitivo: un “attacco mortale”.
Le distopie rivoluzionarie sono innumerevoli e svariate sia nell’appercezione
soggettiva, sia nella crudezza realistica della stessa salute personale e
ambientale: il probabile e possibile avvio di una terza guerra mondiale con
armi atomiche, l’imminenza di una catastrofe ecologica, la crisi ambientale, i
rischi di un’intelligenza artificiale generativa incontrollabile, l’antinatalismo
radicale, la crisi demografica, il sadismo sociale con l’abuso di abitudini o
stili di vita che danneggiano l’equilibrio psico.fisico, il divisionismo epistemologico,
il formalismo giuridico, il negazionisimo complottista, le nuove rivoluzioni
del lavoro, il separazionismo laicista4, l’ibridazione e l’annichilimento
sterile del transumanesimo sintetico, le nuove soggettività artificiali cyborg,
l’animalismo antispecista, il “solismo” identitario dello ius sanguinis, i
nuovi pomeri nazionalistici o nomofilattici, lo scientismo riduzionista, le
tecno.illusioni della robotica, la destrutturazione antropologica dell’umano,
l’integralismo jiahidista, le nuove persecuzioni religiose, i terrorismi, la
corruzione e le nuove povertà, le emergenze criminali delle neo.mafie, le
diverse forme di disuguaglianza e neo.razzismo, le tirannie del merito,
l’eliminazione fisica degli uomini con avveniristiche e molteplici forme biotecnologiche
che imprimono un’accelerazione verso il superamento dell’umano, gli effetti
collaterali delle sperimentazioni umane, spesso sottaciute in formule
biogiuridiche “civili”, (che richiamano ad esempio il diritto/dovere alla
massimizzazione della salute o del diritto di morire o alla morte), le diverse
forme di interruzioni volontarie di vita, le varie disposizioni di morte
volontaria medicalmente assistita, gli inganni sintetici dell’intelligenza
artificiale, le forme di post.truth delle minoranze attive, l’azione feroce e
cinica delle lobbies elitarie, l’elaborazione dei big data per influenzare i
comportamenti e le idee, le pseudo.ideologie totalitarie in ogni ambito, le
dipendenze da sostanze psicotrope, l’epidemia degli oppiodi, le nuove pandemie
mondiali, le nuove patologie ad esito infausto, le guerre fratricide brutali e
intestine, interne ed esterne, civili e incivili, le nuove forme di sadismo
sociale e di adorazioni esplicite di “soluzioni finali”: tutte formule che
indicano un tentativo di disarticolazione e di “eliminazione fisica” dell’umano,
attraverso il lento declino della civiltà umana e con l’imposizione di nuove crisi
o con subdole forme di annientamento e neutralizzazione “definitive”5.
L’aspettativa di vita dell’umano appare breve e la sedazione
terminale sembra già attivata. In ogni caso assistiamo ad una corsa verso una
narrazione auto.distruttiva dell’uomo in quanto tale, come natural, ma con
quale rivelazione, svelamento o manifestazione?
L’obiettivo più o meno dichiarato dell’attacco all’umano è
implicitamente o esplicitamente la sua estinzione, la sua inutilità, il suo
superamento, il suo annientamento o il suo sleepery slope suicidario. L’Umano
sarebbe “scaduto” o avrebbe fallito o come intitola il filosofo David Benatar:
Better never to have been: the harm of coming into existence.